Aveva ruote piccole ed era lenta ma poi la Vespa guidò il boom

 

È il 1946 ed Enrico Piaggio, sentendo il ronzio del motore di quello che sarebbe divenuto lo scooter più famoso al mondo, e ammirandone la carrozzeria, snella al centro e larga in coda, sentenziò: «Pare una vespa». Così fu battezzata la più popolare motocicletta dal dopoguerra, prodotta fino a oggi in 130 diversi modelli, e costruita in tutto il mondo in 16 milioni di esemplari. Piaggio, in un'Italia devastata dalla seconda guerra mondiale, intuì che alla gente serviva un mezzo di trasporto più comodo ed economico di una vera e propria moto tradizionale, e affidò al suo più noto progettista, l'ingegner Corradino d'Ascanio, tra gli inventori dell'elicottero, il compito di creare il nuovo scooter «per tutti». Nacque così un veicolo diverso dal solito, molto più robusto e maneggevole di quelli in commercio, che richiedeva poca manutenzione e poco carburante. Le principali novità furono la scocca portante, le ruote a sbalzo, il motore laterale con trasmissione diretta dal cambio alla ruota. Il cambio manuale risultava contemporaneo all'uso della frizione, per non togliere le mani dal manubrio, il raggio di sterzo era molto ampio, il motore era distante dal guidatore per non sporcarne i vestiti, e non c'era la catena di trasmissione da oliare e regolare. E se all'inizio la Vespa non ottenne subito grande successo nelle vendite, poiché poco apprezzata dai motociclisti, sicuramente per le ruote troppo piccole e la velocità scarsa (60 km/h), pian piano però iniziò invece ad attirare l'attenzione degli automobilisti, che ne apprezzavano la facilità nella guida. Poco tempo ancora e la Vespa sarebbe stata protagonista di un fenomeno di massa di portata storica.

 

questo bell' articolo è tratto da "Il Giornale" del 1 novembre 2005

 

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